‘ESSERE O NON ESSERE’… UN SICARIO DEL FATO?
Wesley Gibson, l’ultimo dei Sith…
Personalmente concordo col recensore: questo film è la più bella sorpresa dell’anno… merita la visione al cinema come l’acquisto in dvd!
Nell’analizzare il tutto però partirei dal presupposto di considerarlo, ancor più che il film di un regista ‘esordiente’, come il lavoro finemente calcolato di uno sceneggiatore (e in questo caso ce ne sono stati all’opera ben tre); insomma, col senno di poi sembra essere un vero e proprio ‘STUDIO’ di sceneggiatura, realizzato da chi evidentemente il cinema mainstream americano lo ha ormai bello che ‘digerito’ e con gran dimestichezza può quindi ‘giocosamente’ mettersi ad utilizzarlo…
Le citazioni cinefile, in tal senso, si sprecano lungo tutto il corso della pellicola (un po’ come hanno fatto gli sceneggiatori di ‘Transformers’ col loro film multigenere [‘multipack’!]), quasi a voler individuare l’identità del proprio film attraverso una identificazione adesiva coi frammenti ripresi qua e là dai modelli cinefili ‘genitoriali’: ed ecco allora che il nostro (educato… come lo Schwarzenegger di ‘True lies’, si scusa in continuazione…) protagonista, orfano di padre, si identifica col Tom Cruise di ‘Top gun’ (anche lì, l’orfano Maverick…) e con quello (incappucciato) di ‘Mission: impossible’ (anche lì, un intera squadra speciale in pericolo…), si ritrova ad ‘essere’ Rocky e poi anche Rambo, stermina nemici neanche fosse Robocop e nel frattempo non ci fa perdere il filo della sua storia esistenziale grazie alla sua voce narrante, quasi fosse il Kevin Spacey di ‘American beauty’… e non è tutto: lo stesso film visivamente ammicca l’occhio - e non solo quello, viste le tematiche affrontate… - ai vecchi ‘Guerre stellari’ e ai recenti ‘Matrix’, magari passando anche, di quando in quando, per ‘l’ultima crociata’ di Indiana, il ‘Fight club’ di Fincher etc…
L’identità del film, insomma, appare come un ‘autistica’ ‘fortezza vuota’, tipo la fortezza contro la quale il protagonista alla fine si scaglia, voglioso di far emergere il suo IO…
E demolendo la fortezza… cosa resta? Cosa resta alla fine di un film perennemente ‘ondivago’, serio&comico, realistico&fumettistico, d’autore(orientale)&commerciale?
Beh, ci si potrebbe aspettare – come solitamente accade con un action movie - che non resti granché, o che regista e sceneggiatori – già passato a stento qualche scoglio in alcuni importanti snodi narrativi (penso al momento di svolta personale nell’addestramento; o al momento dell’assegnazione dell’incarico operativo decisivo…) - decidano di fare la loro, di scelta, e prendere decisi una direzione che definisca una volta per tutte l’identità (minore) dell’opera…
E invece arriva la più bella sorpresa di questo ‘perversamente polimorfo’ film-sceneggiatura: un gran bel finale in cui tutti i nodi vengono al pettine e mirabilmente si sciolgono – quasi come in un gioco di… ‘prestige’ (cf. il ‘film-studio’ di Nolan) – dinanzi ai nostri occhi.
Alla fine insomma il cerchio si chiude, nella forma stessa come nella sostanza, e si chiude – mi verrebbe da dire - per ogni tipologia di spettatore: chi ha apprezzato il lato action della pellicola ritrova replicata la scena forse più bella del primo tempo (sì: il film, trovata la sua identità, alla fine, una tantum, ‘clona’ se stesso!); chi ha apprezzato il lato ironico e ha empatizzato con le frustrazioni del protagonista alla fine, trasportato emozionalmente dalla sua voce narrante, potrà farsi (come è successo al sottoscritto) una gran bella, e liberatoria, risata; e chi ha seguito più riflessivamente le implicazioni sostanziali - etiche e psicologiche - della vicenda potrà trovare delle risposte… e magari porsi, seriamente, ulteriori e stimolanti domande.
Su quest’ultimo aspetto, ad esempio, di primo acchitto ci si potrebbe subito domandare che tipologia di finale ci si trovi innanzi, se cioè il nostro eroe alla fine arrivi, con la sua libera condotta, ad un epilogo psicologicamente e moralmente positivo o, in vero, negativo… e quindi se le risate eventualmente suscitate alla fine non siano, in vero, risate amare, inquietanti, vista e considerata la sorte del nostro supereroe…
Il tema che emerge, già dalla descrizione dell’ambiente lavorativo iniziale (tra insopportabili superiori e ‘amichevoli’ colleghi), è quello della rivalsa, ma il protagonista di Wanted… non è il V dei Wachowski, o perlomeno: sta a quello, mi si passi il paragone, come un apostolo sta al Messia… Da qui la superiore sofisticazione del discorso morale rintracciabile nell’adattamento (anche lì da graphic novel) realizzato dai fratelli di Chicago: il loro V, ‘divinamente’, lascia lo spettatore ad occhi chiusi, le sue esecuzioni potrebbero essere la classica ‘eccezione che conferma la regola’ (il V… comandamento: Non uccidere), non si saprà mai chi c’è dietro la maschera, se un ‘angelo’ in missione per conto di Dio o l’ ‘uomo diabolico’ per antonomasia (l’anticristo di turno, quello che con l’ennesima rivoluzione libera l’umanità… per renderla in vero ancor più schiava)…
Il Wesley di Wanted, invece, finisce col sembrare – nella sua continua ricerca esistenziale del proprio essere al mondo - il semplice portavoce di un messaggio superomista da ‘Hollywood ending’ che, sì, può conquistarsi l’adesione dello spettatore voglioso di enterteinment (e adleriana potenza)… ma continuerà a inquietare chi il quesito morale intende porselo seriamente (come nei fatti dimostra, procedendo col suo ‘(time to say) goodbye’ ‘alla Andrea Bocelli’ alla fine del film, il personaggio della Jolie…) e fino alle estreme conseguenze, onde non voler intraprendere mai strade foriere di morte per gli altri e, interiormente, per se stessi.
E pensando infine proprio all’interiorità ‘evoluta’ della nostra 'arma letale' Wesley, la domanda ulteriore che potrebbe sorgere è su quanto infine sia divenuta effettivamente forte la sua personalità; io sintetizzerei così: non sarà che la montagna… ha partorito il topolino (beh, nel film non mancano…)? Non sarà che la ‘corazza cinefila’ – cioè il film ‘ingolfato’ di citazioni superomistiche di tante maschere storiche del cinema, di tanti ‘numeri uno’ – ha finito col generare, più che una solida e autentica identità, una nuova, e patologicamente limitante, ‘corazza caratteriale’ (Reich), o per dirla cinefilmente… un ennesimo Darth Vader?
Il paragone con ‘Guerre stellari’ direi che è assai pertinente: ‘Una volta che il sentiero oscuro tu intraprendi, per sempre esso dominerà il tuo destino…’, mi pare insegnasse un vecchio saggio…
E tu, 'full metal Wesley'… sei veramente un Killer… o invece – educato a carota e bastone (soldi e botte) - ti ci hanno fatto diventare, facendoti percorrere i sentieri sbagliati della ‘forza’?
Non sarà la tua, sotto sotto, la predestinata (ma in vero anche liberamente determinata, alla fine, dalla tua scelta da cecchino…) nascita di un ‘Sith’? ‘Il tuo odio ti ha fatto potente. Ora, adempi il tuo destino, e prendi il posto di tuo padre’, diceva suadente l’imperatore a Luke, l’eroe buono dei cinefili anni ‘80…
Beh, son passati 25 anni dalla storia dell’ultimo degli jedi, i tempi e gli eroi sono cambiati, e le loro condotte con loro…
Ma caro il mio simpatico Wesley stai in guardia, che alla fine – conquistata la tua dimensione ‘adulta’, al di là del bene e del male… - potresti ritrovarti nuovamente con un pugno di mosche in mano, oltre al fucile (stavo per scrivere: alla spada laser…)…
Voto: 4 stellette su 5; un quasi perfetto divertissment di&sul genere (film per cinefili più che per gli amanti di Millar), ma anche un film ricco di suggestive tematiche (l’identità e lo scopo esistenziale, la preveggenza, il fascino ambiguo del potere) che trovano il loro giusto amalgama. Splendida conclusione ‘a incastro’ dello script, ironica e inquietante al contempo…
Firmato:
(Dear Wesley: we are all) 'RAIN MAN'
…………………….
‘E voi chi cazzo siete?’ (W for Wanted)
‘Dio è nella pioggia’ (V for vendetta)
Ultima modifica di ericrap il Dom 13 Lug, 2008 11:19, modificato 3 volte in totale |