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Premi HUGO


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Autore Messaggio
il_Cimpy_Spinoso
«Babbano in Incognito» Babbano in Incognito
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MessaggioInviato: Dom 15 Nov, 2020 21:18    Oggetto:   

Scherzi? È roba buona, con tanto di reportage fotografico. Bravo
Nirgal
«Horus» Horus
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MessaggioInviato: Dom 15 Nov, 2020 22:07    Oggetto:   

Mi fa piacere che hai evidenziato tutta la parte storica dettagliata che ho apprezzato moltissimo in Blackout/All Clear Very Happy
Albacube
«Reloaded» Reloaded
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Località: Un paesello padovano
MessaggioInviato: Dom 15 Nov, 2020 23:09    Oggetto:   

Tobanis ha scritto:

...
Migliore film, vince Inception, di Nolan.
...
Film imperdibile, forse anche da rivedere, dopo anni.

Concordo e, visto che l'ho proprio rivisto recentissimanente, confermo anche che è opportuno rivederlo.

Grazie Tob per l'articolone Very Happy è un appuntamento imperdibile.
Antha
«Antha» Antha
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MessaggioInviato: Mar 17 Nov, 2020 14:20    Oggetto:   

Bene, bene.
 
Fedemone
«Time Lord» Time Lord
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MessaggioInviato: Ven 20 Nov, 2020 10:51    Oggetto:   

Pollice recto!
Tobanis
«Antinano» Antinano
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MessaggioInviato: Gio 25 Mar, 2021 18:35    Oggetto:   

Hugo 2012 e Nebula 2011
 
Romanzo, c’è nuovamente una doppietta. Vince sia l’Hugo 2012 che il Nebula 2011 Un altro mondo, della 48enne Jo Walton, al primo premio per entrambi.
Gli altri in nomination per l’Hugo erano Una danza con i draghi, di George R. R. Martin; l’inedito Deadline, di Mira Grant; Embassytown, di China Mieville e Leviathan – Il risveglio, di James S. A. Corey.
Quelli in lizza per il Nebula erano Embassytown, di China Mieville; l’inedito Firebird, di Jack McDevitt; l’inedito God’s war, di Kameron Hurley; l’inedito Mechanique: a tale of the Circus Tresaulti, di Genevieve Valentine e l’inedito The kingdom of gods, di N. K. Jemisin.
A volte si vive in tempi ordinari e si sogna di vivere in tempi straordinari. Anzi, si cerca quasi di convincersi che i tempi siano straordinari, inventandosi un mondo che lo certifichi. E allora magari si finisce per dare ad opere normali, se non brutte, sia l’Hugo che il Nebula, fingendo di avere davanti capolavori come quelli che uscivano dieci venti trenta anni fa. E’ però una strategia che ha il fiato molto corto. Il romanzo che ha vinto l’anno scorso entrambi i premi l’ho giudicato brutto; molto meglio quello di quest’anno: è una doppietta che almeno non rattrista; è certamente esagerata, per un’opera solo discreta, carina, scritta bene, che scorre rapida e che suscita interesse, ma fino a un certo punto, dato che alla fine cosa lascia? Pochino.
Il libro è scritto come il diario di una quindicenne e copre parte del ’79 e del ’80. Costei vive in Galles, perde la gemella, scappa di casa dalla madre pazza e si rifugia dal padre in Inghilterra, il quale la iscrive in una scuola del luogo. A causa di un incidente lei deve camminare aiutandosi con un bastone; ha grosse difficoltà a relazionarsi con gli altri e i suoi amici sono di fatto solo i libri di fantasy e SF. Si è costruita un mondo immaginario: vede le fate, o meglio delle timide creature, spesso di aspetto orrendo, nelle brughiere e nei campi, che spesso le compaiono davanti e ogni tanto le parlano. Sempre nella sua testolina, la madre matta è in realtà una strega, come streghe sono anche le sorelle del padre. E la questione sarà: ma è lei che pateticamente si costruisce un mondo di fantasia, per non accettare la realtà e per edulcorarla, o veramente queste creature ci sono e lei le vede? Il libro in fondo non racconta null’altro, se non le giornate di questa ragazza, le sue prime esperienze, la sua voracità nelle letture (dato che non fa altro, legge un libro al giorno), la passione per SF e Fantasy (sono innumerevoli i titoli citati) e le riunioni col gruppo di lettura, in cui incontrerà un ragazzo bellissimo con cui ovviamente poi farà coppia. L’opera è largamente autobiografica, anche se non so fino a che punto. La stessa autrice, la Walton, è gallese ed aveva 15 anni nel ’79, girava anche lei aiutandosi con un bastone; pare abbia avuto pure lei una madre afflitta da problemi mentali e sicuramente da ragazza avrà letto tanta fantasy e tanta fantascienza. Non credo però abbia visto creature strane, nella sua vita: come dice lei, il libro parte dalla sua vita ma poi diventa un libro di finzione. Ignoro pertanto se suo marito da giovane fosse bellissimo.
Il tutto è per certo molto nerd e molti nerd l’avranno votata per l’Hugo, e magari nerd più cresciuti le avranno assegnato il Nebula. Ma questi sono mie supposizioni, resta il fatto che l’opera è carina (solo carina), ben scritta, rapidamente leggibile e che, di fatto, non succede niente.








Abbiamo una doppietta anche per il romanzo breve. Vince Quel ponte sulla bruma, della 52enne Kij Johnson, al primo Hugo ma al terzo Nebula. Ed è alla sua migliore opera tra quelle premiate, se posso dire il mio parere.
Gli altri in gara per l’Hugo erano l’inedito Countdown, di Mira Grant; l’inedito The ice owl, di Carolyn Ives Gilman; l’inedito Kiss me twice, di Mary Robinette Kowal; L’uomo che mise fine alla storia, di Ken Liu e l’inedito Silently and very fast, di Catherynne M. Valente.
Per il Nebula concorrevano quasi gli stessi: l’inedito Kiss me twice, di Mary Robinette Kowal; l’inedito Silently and very fast, di Catherynne M. Valente; l’inedito The ice owl, di Carolyn Ives Gilman; L’uomo che mise fine alla storia, di Ken Liu e, a differenza di prima, l’inedito With unclean hands, di Adam-Troy Castro.
Vale un po’ il discorso fatto in precedenza: la doppietta è generosa, anche se secondo me ora la qualità è salita un pochino. Il romanzo è ambientato chissà dove, c’è un Impero in cui, da nord a sud, scorre un fiume che lo taglia in due. Questo fiume a sua volta è ricoperto dalla bruma del titolo, una sorta di nebbia o schiuma, molto corrosiva, che rende difficoltoso attraversarlo in barca (impossibile a nuoto), tanto che lo fanno solo poche barche, guidate da famiglie che gestiscono la cosa da generazioni. Il servizio è casuale, senza orari fissi e le barche sono piccole; è il rematore che decide quando, secondo lui, il fiume è navigabile. La stessa bruma è imprevedibile, può formare bolle, mulinelli, onde anomale, rigonfiamenti grandi come colline. All’interno del fiume, dice la leggenda, ci sono pesci giganteschi, che solitamente stanno in profondità. Il mondo immaginato è più o meno medioevale, non ha motori termici, non c’è nulla di digitale, ci sono carri trainati da buoi, corrieri a cavallo, taverne e quant’altro. La storia narrata è quella della costruzione del primo ponte tra le due rive, un’opera che di fatto cambierà tutto e permetterà il passaggio agevole di beni e persone tra le due parti dell’Impero. Anche in questa opera, in definitiva, non succede poi molto, ma l’autrice è molto brava, scrive bene e il tutto è una sorta di SF (mah.. forse fantasy? Mah.. anche no) psicologica. Il tutto ha però un suo fascino e in definitiva mi è piaciuto, darò un 7,5.








Racconto: vince l’Hugo 2012 Sei mesi, tre giorni, del / della 43enne (??) Charlie Jane Anders (transgender), al primo Hugo.
Sconfitti l’inedito The Copenhagen interpretation, di Paul Cornell; l’inedito Fields of gold, di Rachel Swirsky; l’inedito Ray of light, di Brad R. Torgensen e l’inedito What we found, di Geoff Ryman.
Decide diversamente, stavolta, il Nebula (in realtà, è il contrario, prima viene assegnato il Nebula, poi l’Hugo), che premia l’inedito What we found, del 61enne Geoff Ryman, al primo Nebula.
Gli altri erano l’inedito Ray of light, di Brad R. Torgensen; l’inedito Fields of gold, di Rachel Swirsky; Sei mesi, tre giorni, di Charlie Jane Anders; l’inedito Sauerkraut station, di Ferrett Steinmetz; l’inedito The migratory pattern of dancers, di Katherine Sparrow e l’inedito The old equations, di Jake Kerr.
Il racconto della Anders, presente in Robot 67 dell’autunno 2012, mi è decisamente piaciuto. E’ una storia d’amore molto particolare, forse la più particolare che abbia letto ultimamente (o di sempre?). Lui prevede il suo futuro, sa cioè esattamente tutto ciò che gli accadrà. Sapeva che avrebbe incontrato lei (fin da quando era ragazzino, già lo sapeva), conosceva cosa avrebbero fatto, cosa avrebbero detto, e che il rapporto alla fine sarebbe finito male. Lei prevede i futuri: cioè vede ad ogni possibile decisione, cosa succede se sceglie di fare una cosa piuttosto che non farla. Pure lei sapeva che varie sue decisioni la avrebbero portata a questo rapporto di coppia, e le ha prese in modo di arrivarci. Il futuro per lei è un po’ come il passato: ricorda gli avvenimenti futuri (possibili, probabili) come si ricorda il passato, cioè senza ricordare bene ogni dettaglio. E’ perciò molto contenta nello scoprire che lui è per lei molto più attraente di come lo “ricordava”. E sarà lei, a cercare di cambiare il futuro, malgrado da subito entrambi sappiamo che la loro relazione non durerà. Lui ritiene impossibile apportare cambiamenti al futuro, lei si sforzerà di farlo.
Non anticipo il finale, il racconto è scritto bene, si legge molto volentieri, la situazione di partenza è particolare e affascinante. Bello bello, darò 8.
Il vincente il Nebula l’ho trovato in una delle tante (oddio, due-tre, in realtà) raccolte del meglio della SF dell’anno. E’ una storia un po’ strampalata e poco interessante, su una famiglia nigeriana, dove il padre è sostanzialmente matto, la madre così cosà, il protagonista forse no, un suo fratello per certo sì, hanno poi una nonna che è un essere spregevole, il tutto immerso nelle contraddizioni del Paese tra tradizioni locali molto discutibili e l’arrivo della modernità. E la SF? Boh, mah…molto marginale, se non assente. Si parla di cosa hanno trovato (v. titolo), cioè il protagonista fa delle ricerche e scopre che tra genitori e figli sono tramandati anche gli effetti generati da situazioni di stress (teoria mi pare poi comprovata anche scientificamente, oggi, dunque zero SF), così come i comportamenti disturbati passano dal padre del protagonista al fratello. L’autore insomma descrive le vicende nel tempo di questa famiglia, che mi hanno appassionato ben poco, e cerca di piazzarci qualcosa di SF solo nel finale, ma indegno di essere citato. Non mi sorprende che la giuria del Nebula l’abbia premiato, come non mi sorprende che invece quella dell’Hugo gli abbia preferito giustamente altro. Non mi sorprende pure che questo troppo lungo racconto non sia poi apparso in Italia, almeno finora: a mio parere non abbiamo perso nulla.








Infine siamo al premio per il racconto breve, e di nuovo una doppietta. Vince l’Hugo e il Nebula Il serraglio di carta, del 36enne Ken Liu, all’esordio in entrambi i premi.
Per l’Hugo concorrevano l’inedito The cartographer wasps and the anarchist bees (che titolo!!), di E. Lily Liu; l’inedito (mi pare) The homecoming, di Mike Resnick; l’inedito Movement, di Nancy Fulda e l’inedito Shadow war of the night: book one: the dead city: prologue (pare quasi una presa in giro, per un racconto breve, un titolo così lungo!), di John Scalzi.
I nominati al Nebula erano l’inedito Her husband’s hands, di Adam-Troy Castro; l’inedito Mama, we are Zhenya, your son, di Tom Crosshill; l’inedito Movement, di Nancy Fulda; l’inedito Shipbirth, di Aliette de Bodard; l’inedito The axiom of choice, di David W. Goldman e l’inedito The cartographer wasps and the anarchist bees, di E. Lily Liu.
Il racconto di Liu…wow…che dire. Siamo tanto in alto. E’ rintracciabile su Robot 66, dell’estate 2012. Racconta di questo ragazzo, nato in USA da madre cinese e padre americano, che vive una gioventù difficile, con gli amici (o presunti tali) che non mi pare gli vogliano gran bene, forse perchè è un “muso giallo” e qualcuno ogni tanto glielo ricorda. La sua adolescenza è una ribellione alla madre, la quale parla poco e male l’inglese, anche dopo anni di permanenza negli States. La stessa madre gli fece, quando era bambino, dei bellissimi origami, ma… vivi (!) che lo accompagnarono nella crescita. Il fatto di essersi via via allontanato dalla madre si scontrerà con una lettera che lei stessa gli scrisse, dove spiegò molte cose e che lui leggerà quando sarà troppo tardi per risponderle: sarà una mazzata. Racconto superbo, degno vincitore di entrambi i premi, siamo a un livello qualitativo elevato, dato che darò 9. Notevole, a dire poco.










Libro non di narrativa: vince l’Hugo The encyclopedia of science fiction, third edition, di Clute, Langford, Nicholls e Sleight.
Quel che è bello è che ora è tutta online, e pure gratis, pare: http://www.sf-encyclopedia.com/, dunque se qualcuno vuole vedere di che si parla, ci faccia un salto. E il libro? Non c’è alcun libro, in realtà, almeno dalla terza edizione, che è appunto solo free sul suo sito. Figata.




Fumetto: vince Digger, di Ursula Vernon.
Gli altri in gara erano Fables vol. 15: Rose red; Locke & Key, vol. 4, Keys to the kingdom; Schlock Mercenary: force multiplication e The unwritten, vol. 4: Leviathan.
Di norma ste votazioni per i fumetti sono dei disastri, sia per il vincente che per le nomination. Spesso mi sono imbattuto in robaccia (poi, de gustibus, ma per me, robaccia). Delusioni, una dietro l’altra.
Digger è un webcomic (poi trasferito su carta) che venne scritto e disegnato da Ursula Vernon. Sono storie ricche di nonsense che hanno per protagonista un vombato. Non avendole mai lette, non dico nulla.
Fables ne ho già letti alcuni in passato, non sono male ma questo non l’ho trovato; Locke & Key è interessante, ben disegnato, una storia un po’ commedia e un po’ splatter (anche tanto splatter); per Schlock non perdo tempo e infine The unwritten non l’ho trovato.


In questa edizione i film vengono messi in gara assieme alle stagioni tv (che in effetti, a volte, una stagione tv è considerata un po’ come un lungo film in più parti). Sia come sia, l’Hugo 2012 va alla prima stagione de Il trono di spade.
Gli altri erano Capitan America, il primo vendicatore; Harry Potter e i doni della morte, parte 2; Hugo e Source code.
Beh che dire. La prima stagione del Trono è celeberrima, una pietra miliare ormai nelle serie TV. Se pensate alla sigla, con la sua bella grafica e la sua musica, viene quasi voglia di rivedersi tutto. Introduce cose in passato viste ma magari non così viste, in altre serie. E’ ricca di intrighi, misteri, incesti (i Lannister), tette, culi, Daenerys, nani (un nano solo, per la verità), esecuzioni, draghetti piccoli….Muore uno dei protagonisti, cosa anch’essa piuttosto rara, ma che poi copieranno un po’ tutti, anche con esiti risibili. Insomma, che aggiungere, come si fa a non conoscerla o non averla vista? Si fa, per fare, ma è un peccato.
Il film su Captain America non è granchè. Su IMDB ha 6,9 , io gli diedi mi pare un 5/6…Mah. Piacevole all’inizio, poi anche noiosetto. Poi non mi è mai sembrata azzeccata la scelta di Chris Evans, come Cap, ma vabbè. Potevano anche non metterlo, nella cinquina.
L’ultimo capitolo della saga di Harry Potter ha un bel 8 ,1 su IMDB. Per me un 7, gradevole, si arriva alla conclusione con lo scontro degli scontri…non sono un fan del maghetto ma me li sono visti volentieri. Incassi da capogiro.
Hugo sarebbe Hugo Cabret di Scorsese, che su IMDB ha 7,5 e che parla di Parigi, di Georges Melies e di tanto altro. L’ho trovato grande cinema, con un crescendo dall’inizio alla fine, un film che consiglio a chi ama le grandi storie. Al botteghino andò male, però.
Source code è il secondo film di Duncan Jones, che è il figlio di David Bowie. Su IMDB ha 7,5 e mi è piaciuto molto. Ha un’ottima sceneggiatura, ti cattura dall’inizio alla fine, con i suoi paradossi e i suoi “repetita”, mi ha preso molto e in questa cinquina ci stava di sicuro.
 
Chi manca? X-Men: l’inizio a mio parere ci stava bene, mi è piaciuto e su IMDB aveva un 7,7. Non metterei L’alba del pianeta delle scimmie (il primo del reboot) che secondo me ha vari difetti. Limitless…ma sì, dai, non è male, l’avrei messo. E avrei messo anche Melancholia, di Lars von Trier, angosciante. Real Steele…no, solo caruccio. Super 8…boh, non è niente male, anzi. Ma allora anche Another Earth, che pure non è niente male. E allora anche I guardiani del destino, allora. Paul probabilmente no. E neanche In time, per quanto interessante. Beh, insomma, tanti film di SF quell’anno. C’era anche Attack the block, caruccio. Transformers 3 non lo ricorderei particolarmente. Sono il numero Quattro…no, anche se a me non è poi dispiaciuto. Cars 2…insomma. Meglio Kung Fu Panda 2. Cowboys & aliens invece non si può salvare. E World invasion aveva tante potenzialità, ma sprecate. Per non parlare di Lanterna Verde. E pure Thor non era perfettamente riuscito. O Sucker Punch.
 
Poi, la solita domanda, per quali film la gente faceva la fila, al tempo (non solo SF??). Detto di Harry Potter, c’era il Transformers e l’ultimo Pirati dei Caraibi (Oltre i confini del mare, brutto).
C’era anche l’episodio di Twilight saga, Breaking dawn, parte 1; il capitolo di Mission Impossible Protocollo fantasma; Kung Fu Panda 2 e Fast & furious 5. E pure Una notte da leoni 2. E I puffi e Cars 2. E Il gatto con gli stivali. C’era Sherlock Holmes 2, cioè Gioco di ombre. Poi, scendendo negli incassi, Rio, L’alba del pianeta delle scimmie, Thor, il bellissimo Quasi amici e così via.





Riguardo a telefilm, episodi et similia, l’Hugo va a La moglie del Dottore, quarto episodio della sesta stagione (nuova serie) di Doctor Who. Non sono un fan del Dottore e dunque non ho nulla da dire, l’attore che lo interpretava era Matt Smith e questo episodio in particolare era stato scritto da neil Gaiman.
Gli altri erano La ragazza che ha aspettato e Un uomo buono va in guerra, altri episodi della stessa stagione del Doctor Who (rispettivamente decimo e settimo episodio); Rimedi alla teoria del caos, quarto episodio della terza stagione della serie Community e il discorso alla premiazione di The Drink Tank, che aveva vinto nell’edizione 2011 per la sezione Fanzine.


Migliore artista, vince l’Hugo il bravo John Picacio, al suo primo Hugo.
Questo giro, no foto.
Albacube
«Reloaded» Reloaded
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Località: Un paesello padovano
MessaggioInviato: Gio 25 Mar, 2021 18:53    Oggetto:   

Il no foto fa tanto covid edition... Silly

Grazie, Tob, post sempre apprezzatissimi! Very Happy
Fedemone
«Time Lord» Time Lord
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MessaggioInviato: Lun 29 Mar, 2021 11:25    Oggetto:   

pure io!
Tobanis
«Antinano» Antinano
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Località: Padova
MessaggioInviato: Ven 16 Set, 2022 20:31    Oggetto:   

Hugo 2013 Nebula 2012
 
Romanzo: vince l’Hugo 2013 Uomini in rosso, del 44enne John Scalzi, al primo Hugo.
Gli altri in lizza erano Il trono della luna crescente, di Saladin Ahmed; Il segno dell’alleanza, di Lois McMaster Bujold; l’inedito Blackout, di Mira Grant e l’inedito 2312, di Kim Stanley Robinson.
Il Nebula 2012 decide diversamente e premia proprio l’inedito 2312, del 61enne Kim Stanley Robinson, al terzo Nebula. Curioso come Wiki Italia e English dicano che lui così ha vinto il Nebula 2013, mentre il sito dei Nebula Awards lo mette come vincitore del Nebula 2012.
Perdono Il trono della luna crescente, di Saladin Ahmed; l’inedito Ironsky, di Tina Connolly, La Luna che uccide, di N.K. Jemisin, l’inedito The drowning girl, di Caitlín R. Kiernan e l’inedito Glamour in glass, di Mary Robinette Kowal.
L’opera di Scalzi è carina, molto leggibile, divertente, spesso pure gustosa. La trama è presto detta: alcuni degli ultimi arrivati a bordo di un’astronave bellica si accorgono via via di parecchie cose strane, sia a bordo che altrove, e dell’alta probabilità di rimanere secchi, nelle varie missioni, se, soprattutto, fai parte di quelli dell’equipaggio con la divisa rossa. Riusciranno, inizialmente increduli, a capire che stanno vivendo all’interno di una pessima sceneggiatura, scritta da altri in altri tempi, e cercheranno di porvi rimedio. Chiaramente, il soggetto descritto fa riferimento a Star Trek, si ispira al fatto che nella serie classica, tre morti su quattro avevano la divisa di cui al titolo. Il libro diventa una parodia, se vogliamo, anche se non del tutto originale, in quanto ho vaghi ricordi di avere visto qualcosa di simile, forse in un film demenziale, o chissà.
L’opera è dunque un “divertissement”, che però, e passiamo ora agli aspetti negativi, non sa bene neanche come finire, con l’autore che strizza l’occhio al lettore e si mette a fare fa il piacione, forse avendo terminato troppo “presto” la storia, e si inventa delle “code” (che occupano in totale quasi un quarto del libro), una delle quali pure sullo sceneggiatore della serie (che poi, volendo, è un cortocircuito tra autore e personaggi). E pare che il titolo originale fosse non solo Redshirts, ma Redshirts: a novel with three codas. Ma vabbè, la trama in definitiva è simpatica, regge; lo stile è gradevole….meritava un Hugo? Questa è piuttosto la domanda giusta, dato che a mio parere siamo sul 7 complessivo.
E ora l’opera di Robinson, il “caro” KSR. Dunque, il mio giudizio sarà di parte (e ci mancherebbe, scrivo quello che penso io) ma pure un tantino eccessivo, perché la sua opera mi ha fatto perdere un sacco di tempo. Sinteticamente, il suo 2312 è una vera merda e un libro simile non solo farebbe smettere per sempre di leggere SF, se fosse il primo libro per un lettore “vergine” nel genere, ma fa venire voglia di non leggere più in toto, mollare ste robe chiamati “libri”, se questo è l’esempio di un’opera pure premiata. Sia chiaro, Robinson generalmente mi ha sempre fatto cagare; dunque, la mia voglia di leggerlo era zero, ma mi ero messo con l’animo tranquillo e neutrale, senza pregiudizi, sperando in un cambio di rotta. Ho trovato invece tutti i peggiori difetti della sua scrittura, tutti assieme, e ingigantiti.
La storia stessa è una cazzata: una pioggia di meteoriti distrugge la città più importante su Mercurio, e quasi uccide (magari) anche la protagonista. Perché? Era naturale, o è stata in qualche modo causata? Chi è stato? Per quale motivo? Mercurio avrebbe dovuto essere ben difeso da una eventualità del genere, impareremo dal testo, e dunque? E dunque nulla, di fatto all’autore questo non frega nulla, dato che ne parlerà solo ogni tanto, dilungandosi soprattutto su altro e perdendosi in sotto tracce e sotto trame una peggio dell’altra. Si dedica per centinaia di pagine a descrivere il sistema solare come sarà tra 3 secoli. Come sempre, l’autore ha una specie di disprezzo per le più elementari nozioni di economia, per un discorso che contempli costi e risorse. Marte è terraformato, Venere quasi, l’uomo vive (a fatica) pure su Mercurio e in altre zone, compresi satelliti di Giove e Saturno. La protagonista, e non è la sola, viaggia senza problemi con delle navette per il Sistema Solare, e allora bisogna capire se nel 2312 tutti sono ricchi sfondati, o i biglietti non costano nulla, e non è chiaro in nessun caso il come e il perché. Ma tanto, che problema c’è, se appena c’è un asteroide ricco di minerali o un cazzillo interessante, si mandano delle macchine e queste fanno tutto loro, compreso aggiustarsi e montare altre nuove macchine. E vabbè. Fosse solo quello…I personaggi sono odiosi. La protagonista è una boriosa antipatica testa di cazzo, spesso stupida e ignorante. Viene fatta passare per una artista, ma non si capisce bene per quali meriti. E’ in realtà una fannullona piena di sé. Malgrado abbia più di 100 anni, si rivela un pozzo di ignoranza su cose elementari, e l’autore le fa fare varie domande, in giro, per informarsi, come fosse nata ieri. Ok, ho capito, è un espediente, l’autore con le risposte vuole in realtà informare il lettore sulla civiltà del 2312 ma, come dire, è un espediente del cazzo. Fa fare la figura della minus habens alla protagonista, rendendola sempre più antipatica, e dimostra poi una pochezza tecnica sua, di Robinson, per questo modo che ha trovato, molto triste, per celebrare la descrizione del futuro.
Ma KSR ha anche modo di rendersi molte volte ridicolo, basta leggere il testo che ha partorito. Prendiamo la città su Mercurio, che ha una bella cupola per isolarsi: la stessa non può stare ferma, no? Perché vabbè se c’è la notte, sarà molto freddo ma amen, ma appena arriva il giorno, su Mercurio, stai fresco, o meglio, stai bello caldino (NB: parliamo di 300-400 gradi)…Allora, espediente, la città è su dei binari, e gira. Gira per rimanere sempre nel punto giusto, né troppo caldo, né troppo freddo. Binari che fanno il giro del mondo, certo, cosa vuoi che costino. Ma perché immaginare o fare una simile cagata? Non è meglio pensare di andare piuttosto sottoterra e ciaone? Ovviamente, dati i presunti costi nulli, comunque ci sono delle gallerie sotterranee su tutto Mercurio, per sicurezza, sia mai che la città si blocchi o se uno va a farsi una passeggiata in tuta spaziale venga sorpreso dalla luce del giorno….(sì, ci sono pure quelli che vanno a passeggiare). Calchiamo la mano sul ridicolo, con quadri del passato, inestimabili, ovvio, che vengono portati sul museo, su Mercurio. Ma dico io. Ma che cavolo. Ma perché. Come dice l’autore, su Mercurio vivono quattro gatti, chi li vede i quadri? E i rischi? E il viaggio per portarli?
Sulla Terra, intanto, New York è ormai inondata, e l’autore la definisce comunque come la città più grande del mondo, coi suoi 20 milioni di abitanti…Ma come, ma dai. Cioè New York tra 3 secoli sarà meno popolosa di Shanghai ora? O di Tokyo, Giacarta, Delhi, Mumbai….? Ma perché?
Insopportabili poi i riferimenti culturali piazzati qua e là dall’autore che ok, capisco possano colpire i lettori USA, magari non così acculturati, o i giudici del Nebula, che avranno detto “Questo lo conosco anche io!”, ma sul lettore europeo fanno quasi tenerezza. Paiono più uno sfoggio della cultura dell’autore, e fini a sé stessi, come dire, cavolo, ma quante ne so. Con la protagonista che in vena creativa potrebbe fare degli “Abramovic” (giuro, è scritto così), cioè, immagino, delle performance come la furba Abramovic, che già non brilla per simpatia, porella, che mi ricordo ancora quando a inizio carriera cercava di farsi un nome e correva schiantandosi nuda sui muri….eh, ma è arte, siete voi che non capite…
Lo schema del libro è tale per cui vorrebbe immergere il lettore nella vita quotidiana del 2312, alternando brevi capitoli della storia (si fa per dire) ad altri pieni solo di appunti…fallendo però miseramente e completamente il bersaglio. Vorrebbe insomma essere una (pallida) copia di Tutti a Zanzibar, ma sfiora ancora più il ridicolo, in questo, un grande vorrei ma non posso, non so e non sono capace.
La storia procede molto stancamente, c’è pure l’episodio in cui la protagonista e altri scappati di casa come lei cercano di ripopolare la Terra con animali vari; finirà con lei che va dietro ai lupi paracadutati sul nostro pianeta, ma ovviamente cadrà in una buca, senza possibilità di uscire e senza contatti con l’esterno. Poi per sua fortuna e mia sfortuna verranno a prenderla e salvarla.
Si potrebbe continuare a lungo con questa sparatoria sulla Croce Rossa, o meglio su questo mucchio di pattume. Oltre 500 pagine inutili di noia e non-senso, una totale mancanza di interesse o tensione, le indagini sul misfatto iniziale che neanche l’ispettore “Clusò” faceva peggio, indagini che poi nessuno pare interessato a portare avanti….che cagata, il primo libro a cui darò 1 su una scala da 1 a 10.











Miglior romanzo breve, vince l’Hugo l’inedito The emperor’s soul, del 38enne Brandon Sanderson, al primo Hugo.
Finalisti: Sulla stazione rossa, alla deriva, di Aliette de Bodard, l’inedito San Diego 2014: the last stand of the California Browncoats, di Mira Grant, l’inedito The stars do not lie, di Jay Lake e Dopo la caduta, di Nancy Kress.
Quest’ultimo, secondo il Nebula, è quello meritevole del premio, vince dunque Dopo la caduta, della 65enne Nancy Kress, al quinto Nebula.
Gli altri erano Sulla stazione rossa, alla deriva, di Aliette de Bodard, l’inedito The stars do not lie, di Jay Lake, l’inedito All the flavors, di Ken Liu, l’inedito Katabasis, di Robert Reed e l’inedito Barry’s tale, di Lawrence M. Schoen.
Quello di Sanderson, vincente un Hugo, è un romanzo di fantasy. L’imperatore (importa poco di dove, di quando, etc…) ha subito un attentato. La medicina locale riesce a salvare il corpo, ma di fatto ora il reale è un vegetale che non risponde agli stimoli. Quelli che comandano a corte decidono di chiedere aiuto a una esperta di “Forgery” (contraffazione), una pratica magica con la quale si può sostituire una cosa con un’altra. Tipo che so, far diventare un tavolo di lusso quello che era un tavolo normale, “convincendo” di ciò il tavolo, “creando” una storia per la quale è credibile che quello sia sempre stato un tavolo di lusso. Certo, l’impegno per la protagonista è decisamente superiore: come dice il titolo, dovrà ricreare l’anima dell’imperatore, credibile e uguale all’originale. E rapidamente, pure, in mezzo a una corte dove ci sarà anche chi rema contro, e prima che gli avversari politici scoprano lo stato vegetativo del monarca. L’opera è buona, si legge molto volentieri, appassiona; trovo un unico difetto, forse, nella lunghezza: forse come racconto avrebbe avuto il suo habitat ideale. Comunque, funziona; i personaggi sono ben delineati, i dialoghi sono credibili, le situazioni sono interessanti. Direi che un 7 ci sta tutto.
E quello della Kress, era meglio o peggio? Qua siamo nella SF, mista a catastrofismo e simil horror. La vicenda procede per brevi capitoli, ambientati nel presente o immediato futuro (2013, 2014) o nel futuro vero (2035). Ai nostri tempi, si indaga per delle inspiegabili sparizioni di bimbi, rapiti da persone apparentemente apparse dal nulla. Inoltre, ci si inizia a preoccupare per dei batteri che un po’ in tutto il mondo stanno mettendo a rischio le specie vegetali. Nel futuro, con una umanità sterminata da un attacco alieno, pochi sopravvissuti hanno la possibilità di brevi viaggi indietro nel tempo, dove rapiscono bimbe e bimbi per cercare di dare un futuro all’uomo sulla Terra. Il romanzo è molto buono, ansiogeno il giusto, catastrofico pure. La spiegazione finale di tutto, ambientata nel 2014, fa un po’ cadere le braccia….meglio quanto presente nel 2035, o comunque il mistero che comunque resta alla fine.
Solita domanda, meglio l’Hugo o il Nebula? Mah, per quanto quello che vinse l’Hugo non sia male, stavolta meglio il Nebula






Vince l’Hugo 2013 per il migliore racconto lungo La ragazza che uscì per il sushi, della 60enne Pat Cadigan, al primo Hugo.
Perdono: l’inedito In sea-salt tears, di Seanan McGuire, l’inedito Rat-catcher, sempre di Seanan McGuire, l’inedito The boy who cast no shadow, di Thomas Olde Heuvelt e l’inedito Fade to white, di Catherynne M. Valente.
Decisione diversa per il Nebula, che assegna il premio a Incontri ravvicinati, del 49enne Andy Duncan, al primo Nebula.
Anche i finalisti erano quasi tutti diversi: l’inedito The pyre of new day, di Catherine Asaro, Onde, di Ken Liu, l’inedito The finite canvas, di Brit Mandelo,l’inedito Swift, brutal retaliation, di Meghan McCarron, l’inedito Portrait of Lisane de Patagnia, di Rachel Swirsky e l’inedito Fade to white, di Catherynne M. Valente.
NB sugli inediti: nn prendete le notizie per oro colato. E’ una fatica boia, pure sorprendente, sapere se un libro è poi stato pubblicato, o meno, in Italia. Ad esempio, quello che ha vinto il Nebula credevo non fosse mai apparso in italiano. E anche googlando, è stata una fatica scoprire quando e dove è successo.
Il racconto della Cadigan non posso dire mi abbia entusiasmato. In un futuro “x”, l’uomo ha colonizzato il sistema solare. Degli addetti, mentre sono in orbita attorno a Giove, predispongono tutto per la trasmissione in diretta di un prossimo schianto di una cometa sul pianeta gassoso. Alcuni di questi addetti, anzi, la maggior parte, sono trasformati: hanno tentacoli e peduncoli, per meglio adattarsi alla vita fuori dalla Terra (che viene chiamata con disprezzo Dirt, cioè Terriccio, nel racconto). Una bella ragazza bipede della squadra decide di sottoporsi alla trasformazione e, da quanto è dato sapere, proverà poi a vivere con altri nell’atmosfera gioviana. Da qua il titolo, la ragazza cioè si trasformerà in un “sushi” a sua scelta (piovra, granchio, nautilo….). Perché sushi, perché i trasformati siano chiamati proprio sushi, non è dato saperlo….certamente la mia idea di sushi è ben diversa. Fine. Allora, io capisco il nobile scopo del racconto, cioè la difesa e l’accettazione del diverso…bla bla bla….ma c’è modo e modo. Non credo sia questo, e non credo raccolga tutta questa empatia. Un racconto in definitiva scarsetto e pure antipatico, con un (inutile?) slang che ha costretto il bravo traduttore a fare i salti mortali senza rete. Per i miei gusti, ci scappa un 4.
Ho trovato decisamente migliore quello di Duncan. Fantascienza con un bel gusto retrò, scritta decisamente molto bene, racconta di questo vecchietto negli anni ’80 che, trent’anni prima, incontrò un alieno, un UFO, diremmo, molto amichevole, con cui andò sulla Luna, Marte e Venere, raccontando poi al ritorno le sue avventure, venendo sempre meno creduto, nei decenni, quando la scienza progredì, e questo malgrado la presenza del suo cane, di oltre 1,5 quintali, (poi morto di vecchiaia), cane che non poteva essere terrestre. Il vecchietto riceve una visita di una bella giornalista che gli fa tornare in mente le avventure ormai dimenticate. La giornalista non è chi sembra. Altro non direi, è un racconto decisamente buono e sarei per un 7,5, magari anche 8 .











Vince l’Hugo 2013 per il migliore racconto breve Mono no aware (così anche in italiano), del 37enne Ken Liu, al secondo Hugo.
Gli altri erano sono due: Immersione, di Aliette de Bodard e l’inedito Mantis wives, di Kij Johnson.
Per la giuria del Nebula, vince invece Immersione, della 31enne Aliette de Bodard, al primo Nebula.
Perdono l’inedito Robot, di Helena Bell, Frammentazione, o diecimila arrivederci, di Tom Crosshill, l’inedito Nanny’s day, di Leah Cypess, l’inedito Give her honey when you hear her scream, diMaria Dahvana Headley, l’inedito The bookmaking habits of select species, di Ken Liu, e l’inedito Five ways to fall in love on planet Porcelain, di Cat Rambo.
Il vincente di Ken Liu è un racconto neanche troppo breve di rara mestizia. Parte dal titolo, che si dice sia intraducibile: in giapponese significa la consapevolezza della cosa, o delle cose, o meglio, diremmo, la rassegnazione di fronte alla caducità delle cose. E la rassegnazione è un po’ il “mood” dominante del racconto: un asteroide è in rotta di collisione verso la Terra (c’è anche chi non ci crede, fino all’ultimo), una famiglia giapponese riesce a mettere in salvo l’unico figlio sull’unica astronave a vela solare che si è riusciti a costruire. Ma pure là, sfiga, la vela si buca, e il bambino, ormai adulto, troverà una soluzione per riparare il danno, anche se la missione è forse impossibile. Non dico altro, non racconto il finale, ma tutto il racconto è molto triste, quella tristezza che molti poeti assaporano volentieri, e infatti il racconto è pure poetico, seppure non molto convincente (per me, almeno). Un 7 comunque ci sta tutto.
Immersione, vincente il Nebula, mantiene la sua autrice (e le sue origini vietnamite) in una comfort zone, dato che la protagonista (e non solo) è dell’Estremo Oriente e la storia, per quanto minima, sia pure lei ambientata in Estremo Oriente (non è vero, ma è per capirsi, è in una stazione di servizio, nello spazio, ma la zona in cui si svolge il racconto pare una versione orientale, ristorante compreso). Le persone usano degli immersori: dei dispositivi in cui il tuo vero aspetto viene sovrapposto e nascosto da un altro aspetto, da quello che scegli tu, e su cui puoi fare parecchie modifiche, rispetto al corpo reale che rimane “immerso”. La storiella prende, è ben scritta, poi però arriva a un finale insoddisfacente; nel complesso io anche qua sono per un 7.







Miglior saggio o comunque Hugo per non romanzi o racconti: Writing excuses, di Season Seven, Brandon Sanderson, Dan Wells, Mary Robinette Kowal, Howard Tayler e Jordan Sanderson, che è in realtà un podcast, e la Stagione 7, a quanto pare, è stata trascritta ed è risultata vincitrice.
 
Miglior fumetto
Vincitore: Saga, Volume Uno di Brian K. Vaughn, disegni Fiona Staples. Saga è indubbiamente una cosa per adulti, piena di violenza, di una gran bella storia, c’è pure del sesso, è ovviamente SF e fantasy. Anzi, SF contro fantasy, letteralmente. Lei, mondo SF, si innamora di lui, che abita sul satellite fantasy, ricambiata. Sul pianeta vivono questi essere alati, sul satellite essere cornuti: i rapporti tra le due specie sono addirittura vietati, ma loro due mettono al mondo una bimba, e fuggono. Le aiuta una ragazzina fantasma, li inseguono due fighissimi cacciatori di taglie. Bello bello. Finalmente un premio più che meritato, nei fumetti. Il volume Uno raccoglie i primi sei albi.
Finalisti: Saucer country, vol. uno Run di Paul Cornell, disegni Ryan Kelly, Jimmy Broxton e Goran Sudžuka, Locke & Key, vol. 5: Clockworks, di Joe Hill, disegni Gabriel Rodriguez, Grandville bete noire, di Bryan Talbot e Schlock mercenary: random access memorabilia, di Howard Tayler, colori Travis Walton.







Miglior film, vince l’Hugo 2013 The Avengers, il primo, che ha 8 ,0 su IMDB e 6,6 su Film Tv. Non c’è tanto da dire, film divertente, fracassone, incassi memorabili, etc.. Ovviamente non è un film d’essai, deve divertire e fare soldi, e in quello è forte. Ancora oggi è il nono incasso di sempre, nella storia del cinema.
Gli altri erano: Quella casa nel bosco; Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato (il primo), Hunger games e Looper. Quella casa nel bosco è una cosa molto particolare, una sorta di horror SF, con i classici ragazzi che vengono fatti fuori da mostri, ma in questo caso il tutto è seguito e gestito da remoto, per scopi di puro male che alla fine si rivelano meno cattivi di quanto sembrano…e poi che il fattone sia tra i sopravvissuti è tanta roba! Ha 7,0 su IMDB e 6,0 su Film Tv, anche per me un sette ci sta e che sia ricordato in una cinquina ci sta pure questo. Lo Hobbit numero uno è un altro film famosissimo, ha 7,8 su IMDB e 6,8 su Film TV, mi piacque molto al tempo e anche qua, che dire? Che aggiungere? Troppo famoso….incasso n.49, attualmente, e comunque sopra il miliardo di dollari. Hunger games (7,2 su IMDB e 5,6 su Film Tv) è roba young adult, che non mi ha entusiasmato, nella prima puntata, guardabile, ma senza originalità e girato neanche tanto bene. Anche questo è troppo famoso per parlarne ancora. Looper (7,4 su IMDB, 6,8 su Film TV) invece non mi piacque troppo. E’ quello con Bruce Willis e Joseph Gordon-Levitt, coi viaggi del tempo (e i buchi di sceneggiatura dentro), che mette molta carne al fuoco e rimane sfocato. Però in generale piacque.
Chi manca?? Mah…Forse Ralph Spaccatutto, che però non ha avuto tutta sta gran popolarità. Idem per Upside down, che non mi era dispiaciuto. Sicuramente manca Cloud Atlas, un film di cui sono un fan (7,4 su IMDB, 6,3 su Film TV). Oppure Chronicle, un film che mi piacque tantissimo, ma non a tutti, pare (IMDB 7,0, su Film TV 6,2). Mancano, forse giustamente, Underworld – Il risveglio, o Prometheus, o l’Uomo Ragno con Garfield, o Men in black 3 (seppure non malvagio), o Total recall rifatto. Manca anche il mitico Iron Sky! Manca pure Battleship, che poi quando passa in tv, ti fermi spesso a guardarlo…Oltre poi a porcherie che non vale la pena ricordare.





Miglior telefilm o magari chiamiamole serie tv o quel che l’è: vince Il trono di spade: L’assedio, penultimo episodio della Stagione 2.
E’ quello della battaglia delle Acque Nere: Approdo del Re viene difesa da Tyrion Lannister dall’attacco di Stannis Baratheon (spoiler, vincono i Lannister).
Gli altri erano: Doctor Who: Gli angeli prendono Manhattan (Settima stagione, nuova serie, episodio 5); Doctor Who: Il manicomio dei Dalek (idem, episodio 1); Doctor Who: I pupazzi di neve (idem, episodio 5 bis) e Fringe: Lettera di transito (Stagione 4, episodio 19).
 
Miglior artista
Vince l’Hugo 2013 John Picacio, alla seconda premiazione.
Finalisti: Vincent Chong, Julie Dillon, Dan Dos Santos, Chris McGrath.


Foto, nada.


Ultima modifica di Tobanis il Lun 19 Set, 2022 16:08, modificato 2 volte in totale
il_Cimpy_Spinoso
«Babbano in Incognito» Babbano in Incognito
Messaggi: 19057
Località: Ovunque
MessaggioInviato: Ven 16 Set, 2022 21:52    Oggetto:   

Bravo.

Per me troppo lungo, però: ho guardato solo le figure...
Albacube
«Reloaded» Reloaded
Messaggi: 5978
Località: Un paesello padovano
MessaggioInviato: Lun 19 Set, 2022 15:24    Oggetto:   

Grazie, il solito memorabile sguardo del Tob sui premi annuali, grazie!

Poi WOW, il primo 1 a un libro, non si scorda mai!

Piccolo refuso sul:

Tobanis ha scritto:
Quello della Sanderson, vincente un Hugo...


Visto che negli ultimi anni dovremmo inserire le quote azzurre, meglio non sbagliare per quelli immediatamente precedenti Very Happy
Tobanis
«Antinano» Antinano
Messaggi: 20999
Località: Padova
MessaggioInviato: Lun 19 Set, 2022 16:08    Oggetto:   

Grazie! Sistemato...
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