"Signor Lippi".
Io lo chiamavo così.
Non gli davo del "tu", come è abitudine in questo ambiente. Su Facebook gli davo del "lei" e quando lo incontravo di persona del "voi". Non per tenerlo a distanza ma per rispetto. Un rispetto che si era meritato.
Giorni fa si parlava di persone splendide nel campo della fantascienza.
Ne ho sentite tante su di lui in questi anni. Io ho conosciuto una persona veramente a modo.
La prima volta che ho interagito con il Signor Lippi... gli ho tirato le orecchie, in senso figurato.
Si era in un gruppo di fantascienza, su Facebook. Come spesso accadeva in quel periodo, vari membri del gruppo erano finiti a dibattere sul sesso della fantascienza e sulle regole per scriverla. Metodi differenti si fronteggiavano in una discussione lunga ma civile. C'era anche il Signor Lippi.
Io mi trovavo in disaccordo con la sua opinione... e niente: scrissi una delle mie solite arringhe, argomentando la mia visione come se tenessi una lectio magistralis all'università.
Sì, io ho fatto la predica al patron di Urania, all'incarnazione della fantascienza in Italia, sì.
E sì, sapevo già bene chi fosse.
Ecco. Se fossi stata una "serva", come blatera qualche mio/a hater, mi sarei stata zitta, ma avevo già l'abitudine di fare quello che ritenevo giusto e non quello che mi conveniva.
Inserii il commento, garbato e civile, e lasciai la conversazione portandomi dietro una non buona prima impressione di lui.
Diciamolo pure: era una pessima impressione. Non volevo neanche più averci a che fare con lui, avevo proprio chiuso.
Un autore di Urania che raccolse il mio sfogo mi assicurò che, invece, era una brava persona.
- Dagli una seconda occasione.
Lo accontentai.
Chiesi l'amicizia Facebook al Signor Lippi. A quel tempo, nel suo profilo, faceva precedere nome e cognome dal titolo "Signor". Pensai che, memore di quella predica, non mi avrebbe manco accettata. Altre persone se l'erano legata al dito per molto meno, quindi... Invece mi accettò e fu anche molto gentile.
Dopo qualche mese, avevo già capito che l'autore aveva ragione su di lui. Il Signor Lippi era adorabile.
Ne ebbi la conferma quando lo incontrai a una convention.
Vista la sicurezza con cui, mesi prima, aveva difeso le sue opinioni contro l'altra fazione, lo immaginavo alto due metri.
Mi trovai davanti una persona di una dolcezza disarmante e con un sorriso da strappare abbracci.
Quando mi palesai, si illuminò subito e mi accolse con squisita gentilezza.
- Ah, sì, ricordo: Barbera, la scrittrice napoletana.
Non l'avevo mai visto sulla mia bacheca, credevo che non leggesse i miei status. Invece era ben informato, mi citò anche alcune mie pubblicazioni.
In questi anni l'ho incontrato a varie convention, e anche su Facebook ho avuto modo di apprezzare la sua ironia, l'arguzia, la sua mente vivace e la profonda cultura, non solo letteraria, che lo contraddistingueva.
Anche se viveva al Nord, non mancava volta che non ricordasse gli anni trascorsi in Campania.
Gli leggevo la nostalgia negli occhi. Quando mi guardava era come se vedesse Napoli, il mare del Cilento, gli strapiombi della costiera amalfitana.
Come ho detto, non gli davo del "tu". Su Facebook gli davo del "lei", mentre di persona gli davo addirittura del "voi".
Qui in Campania c'è l'usanza di dare del "voi", oggi meno che in passato. Lo si dava anche ai genitori, ma può capitare di sentirsi appellati col "voi" anche oggi, mentre camminate in strada.
A me veniva spontaneo rivolgermi a lui con il voi, paradossalmente perché lo sentivo familiare, un signore d'altri tempi. L'ultima volta che l'ho visto di persona lo ha evidenziato proprio lui.
- La senti? - diceva a una mia amica, indicando me con il sorriso gentile e lo sguardo sornione di chi ti svela un segreto. - Con me non usa il "tu", come fate tutti, ma il "voi".
- E perché? - domandava l'altra. In quanto giovane, forse non conosceva queste usanze.
- Perché da noi si fa così: è una forma di rispetto.
"Da noi". Non aveva mai smesso di essere un uomo del Sud. Un signore d'altri tempi a cui volevo bene.
Per me era uno zio che incontravo alle feste di famiglia, le convention. Uno zio che, pur abitando lontano, non ti dimenticava mai. Era sempre un piacere riabbracciarlo, ascoltarlo raccontare della sua vita e della sua carriera, della sua "amata fantascienza", come la definiva.
Non mi ha mai fatto sentire intrusa nella fantascienza, né inferiore per il mio essere autrice e non autore, ma, anzi, era paterno, sempre pronto a dare consigli. Sempre affettuoso e dolce, con i modi che esprimevano affetto, rispetto, il piacere di interagire con te.
Non abbiamo mai fatto una foto insieme. Non gliel'ho mai chiesta. Non mi veniva neanche di pensarci. Mi bastavano le nostre chiacchierate.
Avevamo invece una nostra tradizione, nata spontaneamente: al compleanno e alle feste, gli facevo gli auguri con una delle illustrazioni di pin-up anni '50, spesso di fantascienza, che lui adorava. (Piacciono anche a me, per la verità, non le ho mai trovate volgari né offensive, ma belle ed eleganti).
A ogni ricorrenza, una pin-up illustrata diversa.
Quest'anno non potrò farlo, purtroppo
Ho fatto bene ad accontentare quell'autore e non fermarmi alla prima impressione. Se l'avessi fatto, oggi sarei meno addolorata, ma avrei meno ricordi lieti.
Sono felice di averVi conosciuto, Signor Lippi, mi mancherete tanto. Fate buon viaggio nello spazio infinito.