Qui bisogna capirsi bene però: è il caso di giudicare secondo i canoni della fantascienza letteraria classica, quella ante Ballard, per intenderci, un libro come questo, o più in generale in base a certo nozionismo scientifico come criterio di giudizio importante che renda più o meno valido questo romanzo di DeLillo?
Resto un po' scettico sulle conclusioni finali di questo articolo, tra l'altro ben scritto. Non credo che l'intento di DeLillo fosse quello di scrivere un romanzo di fantascienza, ma di servirsi della fantascienza o di un contesto molto vicino a essa come una semplice cornice per una riflessione più ampia.
È una questione annosa e difficile a cui rispondere. Ognuno ha le proprie opinioni. Ci sono tanti romanzi, alcuni dei quali giustamente citati dall'autore, che hanno forti tematiche fantascientifiche corroborate da elementi scientifici più persistenti e meglio integrati rispetto a questo, mentre ne esistono altri che utilizzano a pretesto la fantascienza, come una sorte di cornice per un quadro in cui si parla di altro, in cui il cuore della narrazione è ben altro. È il caso di Zero K., ma andando più indietro potrei citarne altri, uno su tutti, mi viene in mente, Infinite Jest di Wallace, splendido romanzo in cui in un mondo governato dalla pubblicità , al punto da intitolare ogni anno a un prodotto pubblicitario, ci sono scenari geopolitici e distopici buffi e per certi versi tremendamente attuali, ma in cui il cuore della narrazione verte decisamente su esperienze personali dell'autore poi trasposte in personaggi improbabili e profondamente umani.
Ho letto Zero K. È un romanzo ben scritto, certamente non un capolavoro, rispetto ad altri dell'autore in questione. Leggo anche diversi romanzi di fantascienza classica e contemporanea, ma in casi come questo non riesco a giustificare la necessità di definire debole o valida la parte fantascientifica come criterio importante in vista di un giudizio finale, quando è ben altro l'intento dell'autore. |